Quali alimenti contengono acrilamide?
Il monitoraggio della quantità di acrilammide sui prodotti alimentari, portato all’attenzione dal Regolamento UE 2017/2158, è sicuramente uno dei principali argomenti in tema di sicurezza alimentare:
la problematica è stata affrontata dalla comunità scientifica a partire dai primissimi anni 2000, in cui si sono prodotte innumerevoli pubblicazioni in merito alla presenza di acrilammide come conseguenza della reazione di Maillard, (la reazione che avviene durante il processo di cottura degli alimenti stessi tra amminoacidi e zuccheri e che li rende appetibili). L’acrilammide è infatti un sottoprodotto di reazione che si genera in fase di cottura quando sono presenti contemporaneamente zuccheri riducenti e l’amminoacido asparagina, in particolari condizioni di umidità e temperatura protratte per un certo tempo: è per questo definita un contaminante di processo.
Il problema è tangibile e riguarda la nostra quotidianità in quanto, dati alla mano, si mostra che la presenza di acrilammide nei prodotti di uso quotidiano ed è ben lontano dall’ essere un “falso allarme”; nel nostro laboratorio infatti, volendo produrre alcuni dati statistici sulla presenza di tale contaminante in alcune tipologie di prodotti presi direttamente dallo scaffale del supermercato, ci siamo ben presto resi conto che i “valori di riferimento” indicati dal Regolamento UE 2017/2158 sono molto vicini ai valori riscontrati per alcune tipologie di prodotti.
Quale legge definisce i livelli di riferimento per la presenza di acrilamide nei prodotti alimentari?
Il Regolamento UE 2017/2158 si rivolge alle aziende del settore alimentare che devono concretizzare una serie di misure preventive di attenuazione alla formazione di acrilammide, rimarcando un approccio di tipo HACCP con individuazione dei punti critici e controllo degli stessi, prendendo alcune indicazioni riportate nelle misure di attenuazione della norma come linee guida per evitare la formazione del contaminante.
Cosa evidenziano i nostri studi di laboratorio riguardo all’approccio suggerito dal regolamento europeo atto a limitare la presenza di acrilamide negli alimenti?
L’approccio di tipo HACCP costringe al controllo continuo dei punti critici, il che sottintende che i produttori devono tenere monitorate alcune condizioni chiave all’interno dei processi di lavorazione della propria produzione, al fine di evitare conseguenze dannose al prodotto finito.
Particolare importanza riveste dunque il controllo dei principali precursori dell’acrilammide ovvero la presenza e quantificazione di zuccheri riducenti e di amminoacidi liberi e totali (in particolare dell’ Asparagina) presenti sia nelle materie prime di partenza ma anche negli intermedi della lavorazione.
Le indicazioni nutrizionali spesso fornite a corredo delle materie prime utilizzate, portano indicazioni molto generiche in tema di presenza di carboidrati o zuccheri totali non caratterizzando la natura di essi, e nello stesso modo esse fanno riferimento al solo contenuto di proteine totali, e non indicando la quantità dei singoli amminoacidi presenti.
Particolare importanza dunque rivestono le analisi di laboratorio, che non necessariamente si devono appoggiare a tecniche analitiche costose, ma che semplicemente devono mirare all’individuazione ed alla caratterizzazione dei punti critici di controllo (CCP).
Ad esempio, riguardo alla speciazione dei carboidrati presenti in una materia prima od in un intermedio di produzione, l’individuazione della presenza di zuccheri riducenti potrebbe essere effettuata attraverso il saggio di Fehling, che per mezzo di un processo titrimetrico semplice, permette la quantificazione a basso costo della componente di zucchero riducente totale presente nel campione. Sempre per i carboidrati, passando a tecniche di tipo enzimatico invece, l’analisi degli zuccheri riducenti diventa più selettiva e permette l’individuazione dei singoli zuccheri riducenti presenti nel campione (analisi di speciazione) e la quantificazione di ognuno di essi. Per quanto riguarda la composizione amminoacidica delle proteine, la tecnica HPLC consente di individuare la quantità precisa di amminoacidi liberi oppure, dopo idrolisi del campione con acido cloridrico 1:1, la quantità di amminoacidi totali: è possibile quindi quantificare precisamente l’Asparagina del campione, che spesso risulta essere presente in quantità davvero limitate rispetto agli altri amminoacidi. Infine, per la determinazione dell’acrilammide nei prodotti finiti conviene affidarsi alla tecnica UPLC/MS-MS, che evita costosi, lunghi e difficilmente applicabili protocolli di derivatizzazione e che si appoggia a norma ufficiale UNI EN 16618:2015.
Correlare la quantità di zuccheri riducenti, asparagina e la presenza di acrilammide nei prodotti è tuttavia un lavoro tutt’altro che semplice e scontato. Alcuni studi condotti presso il nostro laboratorio, infatti evidenziano che non è detto che un alimento più ricco di asparagina e zuccheri riducenti, a parità di condizioni di cottura, produca necessariamente più acrilammide nel prodotto finito. La formazione infatti di tale contaminante è legata alla presenza di più effetti sinergici. In questo contesto si pone anche la valutazione del contenuto di acrilammide basato sulle mappe cromatiche. Da prove sperimentali eseguite presso il nostro laboratorio risulta infatti vero che, per un dato prodotto, la colorazione che può assumere in cottura è correlabile al contenuto di acrilammide: più il prodotto alla fine della cottura è scuro e più generalmente ne contiene. Appare però impossibile correlare la concentrazione al colore per prodotti diversi. In altre parole, ad esempio, due biscotti diversi che in cottura assumono lo stesso colore possono avere al loro interno una concentrazione ben di versa si acrilammide, in quanto la differente composizione iniziale può dar luogo a diversi composti generati dalle reazioni di Mailard, con maggiore o minore produzione del sottoprodotto acrilammide.
Compito degli operatori del settore alimentare (OSA) è di redigere dossier documentati con prove scientifiche, al fine di trovare una correlazione tra i precursori e la formazione di acrilammide specificatamente legata alla propria produzione. Questo allo scopo di produrre ad esempio database atti a definire alcuni criteri di accettabilità delle materie prime in ingresso o ad individuare i limiti di controllo dei CCP.
Seguire le indicazioni riportate dal Regolamento UE 2017/2158 come misure di attenuazione dunque, rappresenta sicuramente una buona base di partenza, ma la strada da percorrere per i produttori al fine di minimizzare la presenza di acrilammide, risulta essere sicuramente impervia; l’affidarsi all’analisi di laboratorio non deve essere considerato un costo inutile per le aziende, ma un mezzo valido al fine di caratterizzare e capire i propri processi produttivi.
Cosa offre Savi Laboratori & Service?
Savi Laboratori e Service offre servizi analitici e di consulenza rivolti agli operatori del settore alimentare relativi a quanto prescritto dal Regolamento UE 2017/2158. Come dettagliatamente esposto in precedenza, il laboratorio è in grado di eseguire un’accurata valutazione delle materie prime dei processi produttivi per la ricerca dei precursori del contaminante di processo, quindi è in grado di eseguire l’analisi dell’acrilammide negli alimenti finiti e in tutti i prodotti che possono costituire dei passaggi intermedi derivanti dalle operazioni unitarie del processo produttivo. Grazie all’esperienza acquisita mediante studi preliminari [1], condotti anche in collaborazione con autorevoli enti istituzionali, Savi Laboratori & Service è in grado inoltre di fornire consulenza sia sugli aspetti tecnologici legati ai processi produttivi sia sugli aspetti normativi volta all’integrazione nei processi stessi.
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