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Grilli commestibili

La farina di grillo entra nei mercati europei

Con il Regolamento di esecuzione (UE) 2023/5 della Commissione del 3 gennaio 2023 che autorizza l’immissione sul mercato della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) quale nuovo alimento l’Unione Europea ha approvato l’utilizzo di derivati prodotti da insetti commestibili.
Dallo scorso 24 gennaio così la farina parzialmente sgrassata di grillo e i prodotti che la contengono, possono essere venduti liberamente nell’Unione europea.
Ma il grillo domestico è in buona compagnia: a partire dal 26 gennaio, infatti, la Commissione europea ha autorizzato l’immissione sul mercato delle larve del verme della farina minore, anche detta Alphitobius diaperinus.
E la sensazione è che nei prossimi mesi alti alimenti derivati da insetti possano entrare a fare parte della nostra dieta.

Farina Di Grillo

Già nel 1997 entrò in vigore il primo regolamento riguardante i Novel Food, ovvero quegli alimenti non consumati in maniera massiva nell’Unione europea: grazie ad esso, ad esempio, la Quinoa è entrata a far parte dei prodotti oggi di largo consumo.
Il regolamento prevede che per poter commerciare nuove derrate sia necessaria l’autorizzazione di Bruxelles, previa approvazione dell’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare).
I pareri EFSA sono legati ad alcuni parametri tecnici, come la valutazione del processo di produzione e i dati sulla composizione del prodotto, ma anche a studi di sicurezza e nutrizionali, come, ad esempio, gli usi e i livelli di assunzione prevista, le informazioni tossicologiche ed eventuali problemi di allergie.
Una volta effettuata questa valutazione di sicurezza, la palla passa nuovamente alla Commissione europea e agli Stati membri, che decidono se autorizzare l’alimento e in che modo, per esempio normando l’etichettatura.

L’Unione Europea si è mossa in questa direzione per fornire un’alternativa alle proteine, più sostenibile a livello ambientale rispetto all’approvvigionamento di derrate provenienti dall’allevamento animale.
L’allevamento di insetti si basa sull’elevata efficienza di conversione alimentare degli stessi, con minori emissioni di gas serra, minore utilizzo di acqua e terreni coltivabili e conseguentemente meno sprechi.
Per produrre un chilo di carne bovina, infatti, vengono emessi circa 3000 g di gas serra. A parità di produzione, i grilli ne emettono pochi grammi.

Ma difficilmente tali materie prime sono utilizzabili da sole; ad esempio, la polvere di grillo con il suo retrogusto di nocciola e un elevato contenuto proteico può solo accompagnare determinati alimenti.
L’Unione Europea ha specificato che può essere utilizzata per i panificati miscelata assieme ad altre farine, ad esempio, per la produzione di barrette ai cereali, biscotti, nei prodotti secchi, nelle salse, ecc.
La funzione di queste polveri è quindi quella di un additivo per rendere certi alimenti più proteici, oppure per aumentarne altri aspetti nutrizionali: ad esempio, la composizione amminoacidica particolarmente adatta alla nutrizione umana, simile a quanto ottenibile nel consumo di proteine derivanti da carne e pesce. Tra le altre proprietà, di particolare rilevanza anche la presenza di Omega 3, vitamina B12, ferro, fosforo, potassio e fibre speciali che derivano dal consumo del grillo in ogni sua parte, compresa la parte di esoscheletro: esistono però pareri contrastanti in merito: alcuni nutrizionisti affermano che il consumo di queste fibre permetterebbe la formazione di chitina, da cui deriva metabolicamente la molecola del chitosano utilizzato in alcuni integratori per il suo elevato potere saziante che riduce l’assorbimento del colesterolo, ma c’è chi al contrario sostiene che la chitina sia sostanzialmente pericolosa per l’uomo, che possiede un intestino non evoluto per il suo trattamento metabolico.

A specificarlo è l’EFSA, che mette in guardia i soggetti già allergici a crostacei, molluschi e acari della polvere.
Ma anche agli intolleranti al glutine o altri alimenti: questi ultimi potrebbe essere presenti nel mangime riservato agli insetti e arrivare quindi fino al prodotto finito.
Motivo per cui, secondo le regole di etichettatura stabilite dalla Commissione europea, il nome degli insetti deve essere indicato sul prodotto come ingrediente, ad esempio riportando la seguente indicazione: “polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico)”.
Inoltre, il dibattito è acceso anche sulla salubrità microbiologica di tali alimenti.
L’invito, dunque, è quello di usare la prudenza: non eccedere nel consumo di alimenti a base di farina di grillo facendosi trasportare da facili entusiasmi; EFSA oltretutto ne sconsiglia il consumo prima dei 18 anni.

La farina di grillo e altri prodotti a base di insetti potrebbero sostituire alcuni alimenti di origine animale, ma per adesso si tratta di un prodotto di nicchia oltretutto molto costoso.
La quotazione di mercato attualmente (febbraio 2023) sfiora i 70 euro al chilo, contro i 2 euro al chilo per la farina di frumento o i 3 euro al chilo per la farina di soia, farina vegetale più vicina a quella dei grilli dal punto di vista nutrizionale.
Difficilmente, dunque, potrebbe essere utilizzata a nostra insaputa nei piatti che consumiamo.
Ulteriormente, a tutela dei consumatori c’è anche che, alcuni tipi di prodotti di largo consumo, come la pasta, vengono tutelati nella loro denominazione: il termine: “Pasta” è riservato solo a chi per produrla utilizza farina di semola di grano duro e acqua.

Secondo un’indagine Coldiretti/Ixe, il 54% degli italiani sono proprio contrari agli insetti a tavola, mentre sono indifferenti il 24%, favorevoli il 16% e non risponde il 6%.
Anche se nell’ Unione Europea non c’è un consumo diretto di insetti e di larve, non si può ignorare che in alcune regioni italiane esistano dei formaggi con le larve della mosca casearia, la cui produzione oggi per motivi igienici, è stata proibita, ma che fanno parte del nostro patrimonio storico/culinario.
Ma siamo sicuri che nei nostri piatti non esistano già preparazioni a base di insetto?
Ne esiste un consumo consapevole: ad esempio molte preparazioni di colore rosso dalle bevande fino alle caramelle gommose, contengono un colorante spesso indicato con la sigla E120 che è direttamente ottenuto dalla cocciniglia, un piccolissimo insetto appartenente alla stessa famiglia della coccinella.
Ma ne esiste anche un consumo inconsapevole: in realtà nelle conserve, nelle farine o nei preparati finiscono accidentalmente insetti o frammenti di insetto, larve, ed altri materiali. Alcuni test di laboratorio specificatamente atti ad individuare tali materiali estranei possono aiutare ad evitare che ciò accada, ma, ciò nonostante, secondo alcune stime ne assumeremmo attraverso la dieta ed a nostra insaputa alcune centinaia di grammi all’anno.

Fino a ieri, le aziende produttrici di alimenti, obbligate all’osservazione di stringenti norme igieniche come il sistema HACCP impone, si trovavano a fare i conti con le contaminazioni accidentali da insetto, a prevenirle ed affrontarle.
Oggi, potrebbero avvalersi degli insetti come materia prima. In realtà questa è una provocazione. Esiste una sostanziale differenza tra una infestazione incontrollata ed un allevamento. La stessa differenza che c’è tra il consumare un pesce pescato in un fosso ed uno da una cava di pesca sportiva.

Savi Laboratori & Service esegue tutte le analisi necessarie all’etichettatura e alla determinazione della Shelf life per tutti gli alimenti. Eseguiamo inoltre analisi microbiologiche e chimiche nell’ambito dell’assicurazione della qualità e della sicurezza dei prodotti agroalimentari.

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