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Analisi del Glifosato

Analisi del Glifosato

Il glyphosate (italianizzato glifosato o glifosate) è un diserbante organofosforato ad ampio spettro.

È stato introdotto sul mercato da Monsanto Company nel 1974 ed è oggi l’erbicida più utilizzato al mondo: dalla sua introduzione ne sono state spruzzate sui campi quasi 9 milioni e mezzo di tonnellate. Il suo largo impiego è giustificato dalla semplicità di utilizzo e dal basso prezzo (nel 2001 è scaduto il brevetto di produzione di Monsanto Company).

È un diserbante non selettivo, ossia ha effetto su tutte le piante essendo in grado di inibire un processo metabolico ubiquitariamente diffuso nel regno vegetale. In particolare il Glifosato inibisce la via metabolica dell’Acido Shikimico che porta alla sintesi degli amminoacidi aromatici (fenilalanina, tirosina e triptofano), interagendo con l’enzima 3-fosfoshikimato 1-carbossiviniltransferasi, necessario alla sopravvivenza della pianta.

L’assorbimento del prodotto avviene in qualche ora dalle parti verdi della pianta (in minima parte attraverso le radici) e da queste diffonde verso le parti in crescita. L’erbicida induce nell’organismo una carenza di amminoacidi aromatici, necessari per la sintesi proteica e per la produzione di altre molecole, che porta alla morte della pianta. Il disseccamento è visibile in genere in una decina di giorni.

La molecola non ha un’elevata tossicità immediata per l’uomo e per gli animali  in quanto sprovvisti della via metabolica dell’Acido Shikimico: gli animali devono introdurre gli amminoacidi aromatici con l’alimentazione e per questo sono per loro definiti amminoacidi essenziali.

Il glifosato è coinvolto anche nel dibattito sugli OGM (Organismi Geneticamente Modificati). Sono state infatti prodotte delle colture OGM resistenti al glifosato con l’introduzione nelle piante di un transgene derivante da Agrobacterium sp, che codifica per una forma insensibile al glifosato dell’enzima 5-enolpyruvylshikimate 3-phosphate (EPSP) synthase, che permette alla pianta di sopravvivere al composto. Lo scopo è quello di produrre una coltura resistente ad un erbicida aspecifico che possa essere usato contro le infestanti in emergenza, evitando o riducendo l’uso di diserbanti pre-emergenza. Tale pratica dovrebbe portare ad una riduzione dell’impiego complessivo di erbicidi, in quanto questi possono essere utilizzati solo al bisogno.

Vi sono pareri contrastanti in merito alla pericolosità del glifosato per la salute umana.

Nel marzo 2015, l’organismo internazionale IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato la sostanza e i fitofarmaci che la contengono come “probabile cancerogena per l’uomo” inserendola nella categoria 2A.

A novembre 2015, l’EFSA-Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, escludendo che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo, ha proposto nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti.

Ad oggi il Glifosato è studiato anche come potenziale interferente endocrino.

La presenza del glifosato nei prodotti destinati all’alimentazione umana, deriva, oltre che dal suo impiego contro le infestanti, anche dall’uso dell’erbicida come agente essicante principalmente per il Frumento. Infatti, nelle zone in cui il clima non consente il naturale essiccamento del raccolto in campo, il glifosato viene irorato sulle piante quando le spighe sono in fase di maturazione favorendone l’essiccazione prima della mietitura. Questa pratica determina un’aumento del contenuto di erbicida nelle cariossidi e di conseguenza nella farina.

Savi Laboratori & Service ha sviluppato diverse metodiche per l’analisi del Glifosato, sia in matrici ambientali (es. acque superficiali e di falda), sia in prodotti della filiera agroalimentare (cereali, farine, pasta, riso ecc). La determinazione del Glifosato è basata sulla tecnica UPLC-QqQ che permette una riduzione dei costi di analisi, evitando onerosi e poco riproducibili protocolli di derivatizzazione.

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